L’unione
degli industriali di Pordenone ha proposto un “laboratorio per una nuova
competitività industriale”, costituito da Cgil-Cisl-Uil, Confindustria ed enti
locali, con lo scopo dell’abbassamento del costo del lavoro.
Ma
vediamo di cosa si tratta?
E’
l’ennesima ricetta tutta lacrime e sudore chiesta ai lavoratori che permette
alle aziende di aumentare la propria profittabilità attraverso:
1) La
riduzione del costo del lavoro e l’aumento della produttività con:
- L’eliminazione degli elementi
retributivi (maggiorazioni) definiti negli accordi aziendali siglati prima del
1993 e ormai facenti parte stabile dello stipendio.
- L’assorbimento di tutti i superminimi
individuali (tranne quelli di merito).
- La sospensione della contrattazione
aziendale sui premi.
- La riduzione o eliminazione delle
pause aggiuntive a quelle previste dal contratto nazionale di lavoro.
2) La
flessibilità della produzione con:
- Il superamento nella durata e nella
distribuzione dell’orario settimanale che potrà anche venire ridotto al di
sotto delle 40 ore.
- Il cambiamento nella fruizione di
alcune festività quali quella del S. patrono
e del 2 giugno che slitteranno
alla domenica.
3) Il
superamento delle regole su qualifiche ed inquadramento, senza più automatismi
e verrà permesso lo svolgimento di
mansioni di livello inferiore o superiore al proprio (senza salario).
4) La
flessibilità su nuove eventuali assunzioni a termine attraverso il mancato
utilizzo della causale che ne attesta il motivo d’uso.
Con
queste misure, la Confindustria dice di abbattere del 20% il costo del lavoro.
Tutte
queste azioni sono mirate a ridurre diritti e parti dello stipendio e tutto
questo gratuitamente in cambio di un IPOTETICO salvataggio dei siti, IPOTETICO
perché non vi è alcuna garanzia reale, come abbiamo visto in questi anni, che a
questi sacrifici non seguano altri, e tutto ciò serva a risolvere il problema.
L’esempio
è sotto gli occhi di tutti, l’erosione dei diritti in atto dal 1993 unita alla
politica della moderazione salariale non ha certo impedito le chiusure e
delocalizzazioni di questi anni.
Lavoratori,
è
venuto il momento di dire basta, la politica della compressione degli stipendi
non ha futuro … arricchisce chi è già ricco e colpisce solo i più deboli non
permettendo loro di avere una vita dignitosa e una capacità di spesa che porta
inevitabilmente alla crisi dei consumi che si ripercuote di nuovo su di essi;
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