Cisl Uil ed Ugl, con la
firma di questo accordo fanno l’ennesimo passo verso lo smantellamento
dell’attuale struttura della contrattazione, delegittimando il contratto
nazionale e subordinando la contrattazione aziendale e territoriale alle
esigenze padronali per infliggere ai lavoratori ulteriori risparmi sulla
manodopera.
Tutto il quadro
dell’accordo è in funzione della produttività (citata per ben 32 volte!) e della
competitività (12 volte!), prefigurate sempre e solo attraverso la contrazione
del salario (sia il diretto che l’indiretto) e lo sfruttamento della manodopera,
mai attraverso gli investimenti e la ridistribuzione del reddito.
Con l’accordo Cisl, Uil
e Ugl e le controparti datoriali vanno, per l’ennesima volta, in soccorso del
governo Monti (non è a caso la presenza di Bonanni all’assemblea del nascente
movimento di Montezemolo), ribadiscono la loro avversità all’iniziativa
referendarie per la soppressione dell’art.18 dello Statuto dei lavoratori e
dell’art.8 del D.L. 138 del 13.8.2001 (Finanziaria nazionale 2011), rivolgendosi
al Parlamento, presente e futuro, perché converta l’accordo in legge,
proseguendo nello smantellamento della contrattazione nazionale.
Questo accordo sulla
produttività supera, peggiorandolo, l’accordo del 2009, (siglato sempre da Cisl
Uil e Ugl), prevedendo che le deroghe alla contrattazione decentrata siano
estese anche alla retribuzione, al riconoscimento ed alla tutela della mansione,
nonchè alle norme del diritto civile.
Salario
L'accordo del 2009
liquidava i riferimenti della contrattazione salariale previsti dall'accordo del
luglio 1993 (ossia l'inflazione programmata), introducendo come riferimento
l'IPCA (ossia Indice di Prezzi al Consumo Armonizzato a livello Europeo depurato
dai prezzi energetici). Come per l'inflazione programmata, anche l'IPCA non
considera il reale aumento del costo della vita, come dimostra il potere
d'acquisto delle retribuzioni crollato di almeno il 15% negli ultimi 5
anni.
Nel nuovo accordo si
stabilisce che l'Indice IPCA dovrà indicare solo il tetto massimo del possibile
aumento salariale (ossia che si può rimanere al di sotto), subordinando,
comunque, l'aumento delle retribuzioni alla rappresentazione della situazione
economica fornita da istituzioni economiche nei confronti delle quali i
lavoratori non sono in grado di esercitare alcun controllo.
Si afferma che, essendo
la produttività e la redditività d’impresa, obiettivo generale e condiviso, non
si potranno chiedere adeguamenti salariali non considerati compatibili con
quello stesso obiettivo.
Si sancisce che una
quota di quanto contrattato a livello nazionale, andrà stornata a finanziare il
salario di produttività da contrattare a livello locale. Cosicché la
contrattazione del salario aziendale di produttività non si sommerà più alla
contrattazione nazionale ma si finanzierà con una quota da individuare su quanto
a livello nazionale è stato erogato a copertura (seppur parziale) dell'aumento
del costo della vita.
La conseguenza di una
norma così congeniata è una ulteriore drastica riduzione del
salario.
Demansionamento
L’accordo ha
l'obiettivo di "superare una serie di rigidità del lavoro che hanno un
impatto negativo sulla vita delle imprese".
Le aziende, infatti, da
tempo si lamentano, che il contratto, il codice civile (art.2103), e la legge
(legge 300/70- Statuto dei Lavoratori), tutelino il contenuto professionale del
lavoro, impedendo azioni di demansionamento del lavoratore, sia in termini di
utilizzo del personale, che di retribuzione.
Con l’intesa in
questione, si demanda alla contrattazione aziendale la possibilità di trovare
accordi di deroga alle norme esistenti, al fine di favorire le possibilità
aziendali di superare ogni legittima resistenza del lavoratore alla propria
dequalificazione professionale, nonché per agevolare l’ accumulo delle mansioni,
anche dequalificanti, dei lavoratori stessi.
Privacy
Si prevede la
possibilità di derogare, in sede contrattuale, anche a quelle norme di legge che
attualmente impediscono alle azienda l'utilizzo di tecnologie atte a controllare
i lavoratori nell'esercizio delle loro funzioni (videocamere ecc).
Patto
generazionale
L'obiettivo dei
firmatari del protocollo è quello di tamponare le ricadute sulle aziende che
derivano dall'allungamento dell'età pensionabile.
Di fatto si prevede
l'introduzione di strumenti che favoriscano il risparmio salariale sui
lavoratori anziani. L'obiettivo dichiarato è quello di ridurre i costi salariali
del personale anziano (prevalentemente a contratto a tempo indeterminato), per
favorire l'introduzione di forza lavoro più giovane (prevalentemente a tempo
determinato) con un più basso costo del lavoro.
In realtà, con
quest’accordo si consente (senza dirlo esplicitamente) di attuare a livello
generale ciò che è stato recentemente introdotto nel CCNL Chimico-Farmceutico,
ovvero la possibilità di mettere a part-time lavoratori anziani e di assumere
contestualmente (a tempo ridotto e determinato) lavoratori giovani.
La scusa ufficiale è
quella di favorire un trasferimento di competenze. Il protocollo ovviamente
vuole scaricare sulla spesa generale i costi di questa operazione e chiede al
Governo di emanare leggi che
- garantiscano il
percorso contributivo ai lavoratori anziani, chiamati a raggiungere l'età della
pensione lavorando con contratti part-time;
- finanziare
l'inserimento dei giovani con risparmi contributivi e fiscali, nonché con lo
storno di risorse a favore delle imprese a copertura di quelli che loro chiamano
"costi di formazione".
Rappresentanza
sindacale
Nell’accordo
interconfederale si afferma di voler risolvere questa questione puntando ad
equiparare il sistema e la misurazione della rappresentatività nel settore
privato sulla base di quanto già oggi è previsto nel pubblico. Il tutto è però
rimandato a successivi incontri, da effettuarsi entro il 31.12.12.
Cisl, Uil e Ugl
dimostrano ancora una volta
la loro assoluta
subordinazione alle logiche padronali
Ancora una volta le OO.SS. firmatarie
dell’accordo interconfederale dimostrano di accettare supinamente i diktat
padronali, subordinando l’intero impianto dell’intervento sindacale alle logiche
della concorrenza, della produttività, del mercato e della competitività: una
strada pericolosa ed inaccettabile che divide i lavoratori ed innesca una
spirale perversa, giocata sulla pelle e sulle spalle delle categorie
coinvolte.
Non è in questo modo che si tutela il
futuro dei lavoratori, peraltro spalancando la strada ad un progressivo
impoverimento e peggioramento delle condizioni generali, con il conseguente
avvitamento dell’intera economia e con la progressiva divaricazione della
differenza delle condizioni materiali tra le classi esistenti.

Nessun commento:
Posta un commento