Al senato, a suon di voti
di fiducia, e con il pieno appoggio di PD, PDL e TERZO POLO . è passata la
cosiddetta riforma del lavoro.
Con la scusa della crisi,
stanno pesantemente modificando le principali norme che regolano il mondo del
lavoro.
Art.
18 Statuto lavoratori: più potere per ricattare i lavoratori
Oggi l’art. 18 sancisce che, se un
licenziamento è illegittimo, il lavoratore ha diritto ad essere reintegrato nel
proprio posto di lavoro. Con la “riforma” Monti, anche se il licenziamento è
giudicato illegittimo dal Giudice, le tutele per il lavoratore sono peggiorate,
con l’introduzione di tre diverse casistiche:
v
Licenziamenti discriminatori. È
prevista la reintegrazione nel posto di lavoro, come adesso;
v
Licenziamenti dovuti a motivi soggettivi, o
disciplinari. Nel caso di licenziamento cosiddetto
“disciplinare” che viene cioè motivato con il comportamento del lavoratore, il
ddl prevede la reintegra, quando il fatto imputato al lavoratore o quando il
contratto nazionale prevede esplicitamente che quel fatto deve essere punito
con una sanzione minore. Nelle altre ipotesi in cui il giudice accerta che non
ricorrano gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa
addotti dal datore di lavoro, il datore di lavoro deve solo pagare un’indennità
risarcitoria di 12/24 mesi;
v Licenziamento
per motivi “economici o organizzativi”. La reintegra sarà possibile solo a fronte
della “manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento”. Per
poter essere reintegrati al lavoro, il lavoratore dovrà dimostrare che i motivi
economici e organizzativi non sussistono.
Lavoro
precario: come prima, e peggio di prima
Alla
faccia di tutte le dichiarazioni contro la precarietà, il disegno di legge in
discussione non ha nulla di tutto ciò: nessun tipo di contratto precario è
stato soppresso, ci sono invece pesanti peggioramenti.
1.
CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO. Si
consente di non specificare la causale, finora necessaria, per il “primo rapporto
a tempo determinato di durata non superiore a un anno, concluso tra un datore
di lavoro o utilizzatore e un lavoratore, per lo svolgimento di qualunque tipo
di mansione.” Sparisce la necessità di giustificare l’instaurazione del
contratto a termine in base a ragioni di carattere tecnico, produttivo,
organizzativo. Fino ad oggi l’insussistenza di quelle ragioni, che dovevano
essere comunicate in forma scritta, era motivo di nullità del termine e della
trasformazione dei contratti.
2.
APPRENDISTATO. La
nuova norma contiene elementi peggiorativi, rispetto alle preesistenti.
L’obiettivo è quello di sostituire con l’apprendistato (particolarmente
favorevole per gli sgravi contributivi e i vantaggi retributivi di cui gode) le
poche assunzioni a tempo indeterminato. Ciò è evidente nella norma che innalza
il rapporto tra apprendisti e lavoratori qualificati, dall’1 a 1 previsto dal
testo unico sull’apprendistato, al 3 a 2 che prevede la “riforma”. L’assunzione
di nuovi apprendisti è subordinata alla “stabilizzazione” (al termine
dell’apprendistato) solo del 30% degli apprendisti, dilazionato in tre anni. E'
inoltre prevista la possibilità di utilizzare l’apprendistato a termine, per le
attività stagionali.
3.
LAVORO INTERINALE.
Esterno al ddl, è previsto un decreto del governo che elimina sia l’obbligo di
fornire i motivi del ricorso al lavoro interinale, sia i tetti quantitativi
previsti dai contratti in tutti i casi in cui vengano assunti con
contratto di somministrazione, riguarda una platea amplissima di soggetti:
tutte le lavoratrici e i lavoratori percettori di ammortizzatori sociali da almeno
6 mesi e i lavoratori cosiddetti svantaggiati e molto svantaggiati (oltre a chi
non ha un impiego da sei mesi, gli ultracinquantenni, i privi di diploma
superiore, gli adulti soli con una o più persone a carico e i senza lavoro da
24 mesi che sono qualificati come molto semisvantaggiati.) E’ il rilancio in
grande stile del lavoro interinale, a cui è affidato il compito di ricollocare
tutti i lavoratori espulsi per la crisi dai processi produttivi e
impossibilitati ad accedere all’ormai irraggiungibile pensione.
Con
la crisi in atto TAGLIANO GLI AMMORTIZZATORI SOCIALI
Il
ddl prevede un sistema organizzato a regime su due pilastri:
1.
Tutele in costanza del rapporto di lavoro.
Restano attivi la cassa integrazione ordinaria, quella straordinaria per crisi
e ristrutturazione e i contratti di solidarietà. Viene invece abolita la cassa
straordinaria per cessazione di attività e/o connessa a procedure fallimentari
e la cassa in deroga. La cassa in deroga viene mantenuta fino a tutto il 2016
con finanziamenti dalla fiscalità generale. Finora la cassa in deroga era
finanziata per il 60% e con fondi europei da parte delle Regioni
per il restante 40%. L’abolizione della cassa in deroga non diventa quindi
occasione per istituire strumenti generali, ma serve a cancellare il sostegno
al reddito.
2.
Tutele in caso di cessazione del rapporto di
lavoro. E’ abolita l’indennità di mobilità e le diverse forme di
indennità di disoccupazione (ordinaria non agricola, a requisiti ridotti,
speciale edile) che confluiranno nell’ASPI e nella mini ASPI. L’eliminazione
della mobilità comporta una riduzione pesante della durata del sostegno al
reddito. Fino ad oggi le lavoratrici e i lavoratori che usufruivano della
mobilità erano coperti per un periodo di 12 mesi, elevato a 24 per i lavoratori
da 40 a 50 anni, e a 36 mesi per gli ultracinquantenni. La diminuzione dei
tempi è ancora più pesante quando alla cgis segue la mobilità (oggi fino a 4
anni di sostegno).
Viene
istituito l’Aspi (Assicurazione Sociale per l’Impiego).
Si applica alla stessa platea cui si applicava la disoccupazione, le sole
tipologie a cui viene estesa, rispetto alla vecchia indennità di
disoccupazione, sono gli apprendisti e gli artisti. Resta fuori tutto il falso
lavoro autonomo, i para-subordinati, e gran parte del lavoro dipendente a tempo
determinato. L’Aspi è esclusa per le partite IVA, l’associazione in
partecipazione, il lavoro a progetto, i voucher, il lavoro a chiamata. Per i
lavoratori a tempo determinato e per il lavoro precario, il doppio requisito
dei due anni di iscrizione all’Inps e delle 52 settimane di contributi versati
nel biennio, restano in larga parte soglie irraggiungibili. Sarà introdotta
anche la mini Aspi, che sostituisce l'attuale disoccupazione con requisiti
ridotti e avrà una durata pari alla metà delle settimane di contribuzione
nell'ultimo biennio.
Licenziamenti
collettivi (legge 223/91- mobilità). Il ddl, prevede che un accordo sindacale
possa “sanare” i vizi della comunicazione che avvia la procedura di
licenziamento collettivo, e sostituisce all’obbligo di reintegra in caso di
violazione delle procedure. Finora il rispetto delle procedure è stato uno
degli elementi di garanzia più importanti per le lavoratrici e i lavoratori.
Viene anche introdotto l’obbligo del tentativo di conciliazione per evitare il
ricorso al Giudice del Lavoro.
Contro questa controriforma del lavoro il
sindacalismo di base, dopo numerose iniziative di lotta, ha deciso per il 22 giugno,
una giornata di sciopero generale.
Contro l’attacco al diritto alla salute con
l’aumento dei tickets, alla pensione, all’aumento delle tasse attraverso le
accise, all’aumento dell’Iva e l’introduzione dell’IMU – vera patrimoniale sui
lavoratori e le famiglie per l’insopportabile carico fiscale che grava
unicamente sui lavoratori dipendenti.
Contro il governo Monti che rappresenta gli
interessi del capitale internazionale ed è fedele esecutore dei diktat della
BCE e dell’Unione Europea.
14 GIUGNO 2012
RSU FLMU CUB ELECTROLUX
SOLARO
1 commento:
GIUSTISSIMO MANTENIAMO I NOSTRI DIRITTI A PARTIRE DAL GOVERNO CHE STA ABUSANDO DELLA DEMOCRAZIA E DELLA NOSTRA PAZIENZA.COMPLIMENTI AI NOSTRI FLMU CUB DI SOLARO OTTIMO LAVORO RAGAZZI SONO FIERO DI VOI!CLAUDIO RUSSO
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